Il mio mondo
Mio papà mi accusa (me lo imputa proprio) di vivere da sempre nel mio mondo.
Di cadere dal pero spesso. Troppo, spesso.
Di non accorgermi della realtà, o di farlo tardi; di sbraitare in un modo che -in questo mondo, non si fa.
Ha ragione, lo so.
E lui sa che io so.
In pratica sappiamo di sapere ma, lui, vorrebbe che io lo sapessi al punto di saperlo meglio.
Il mio mondo, da un po‘, è Lui. Samuel.
Prima erano ( s o l o ) loro.
Lui, mio papà; Lei, mia mamma; l’altra Lei, mia sorella, arrivata per caso, ma nemmeno troppo -per caso; forse per i miei gusti un po’ tardi, ma tant’è.
Erano (e sono) i miei amici – e i miei amori-, quelli di sempre e quelli che, vivendo, ci entrano -nel mio mondo, e si sta che è un piacere! (duri quel che duri).
A ben pensarci, il mio mondo, è sempre stato molto affollato.
Se non in quantità, per qualità indubbiamente.
A me, il mio mondo, piace. Un sacco. Nonostante, e grazie a tutti. Ha nuvole chiaro scure, volte a stella e cieli torvi, nerboruti o incazzati. Davvero, a me piace proprio.
Ho dimenticato il punto.
Pa’, perdonami. Quel che volevo dire -e che ora ho scordato, magari mi tornerà.
O resterà sospeso lì: nel mio mondo.